Felicità è un valore anche in azienda: Lavorare felici non stanca. O stanca meno. In più quando si è positivi il corpo produce ormoni che aprono i centri dell’apprendimento e della creatività, si diventa più ricettivi, maggiormente disposti verso gli altri. Ed è per questo che molte aziende hanno cominciato ad assumere, o a cercare, il Cho, lo Chief Happiness Officer.
Semplificando, si può definire manager della felicità. È una figura professionale che si preoccupa dell’ambiente di lavoro e delle risorse umane, del giusto equilibrio fra impegno, passione, dedizione. Il suo compito è difficile: si occupa della soddisfazione e del benessere dei dipendenti, in modo che la frustrazione non “ammazzi” la motivazione, che porta a una maggiore produttività. Non è un segreto e ci sono centinaia di libri e manuali che parlano della felicità come una delle soluzioni per non stancarsi troppo, qualsiasi sia il proprio impiego o impegno.
Il Cho è un’evoluzione dell’Hr manager tradizionale. Si occupa, cioè, delle risorse umane ma in particolare di come si sentono. Si preoccupa di rendere il posto di lavoro un luogo felice, dove le persone si sentano apprezzate, comprese, valorizzate, motivate. Cerca di evitare liti e incomprensioni, quindi si impegna anche a condurre, in qualche modo, le dinamiche fra i colleghi. Tutti devono sentirsi bene, sereni e orgogliosi di essere lì in quel momento, più coinvolti possibile nella missione aziendale.
La felicità, in fondo, non è solo un fatto privato e personale ma dipende anche dalle relazioni che si intessono e dal contesto. Il luogo di lavoro è quello dove si passa più tempo durante la giornata ed è lì che, quindi, è ancora più importante che queste relazioni siano serene e fruttuose. Esiste una stretta relazione fra felicità nell’ambiente di lavoro, produttività, motivazione, creatività e successo. I conflitti sono inevitabili sul lavoro, ma bisogna saperli gestire nel modo giusto e c’è la possibilità di farlo prima piuttosto che dopo. Il manager della felicità si occupa anche di questo e della mediazione, evitando il più possibile le lamentele che sono tossiche (e contagiose) sul posto di lavoro.
Il Cho non è la persona che rende tutti felici ma è un manager che ascolta, propone idee, programma e aiuta i dipendenti monitorando, appunto, le relazioni. La felicità diventa così una competenza e può essere, esattamente come le altre, “allenata” per diventare un’opportunità, sia per un benessere individuale e sia in termini di produttività. La fiducia e la connessione fra le persone sono fondamentali per raggiungere un obiettivo comune e spostare sempre più su l’asticella del successo. Questo accade passo dopo passo, se seguiti da una figura che coordina le riunioni e che rende tutto più facile, più rispettoso, più colorato.